Introduzione
«Prima di appassionarsi all’arte negra, Paul Guillaume collezionava feticci, interessandosi contemporaneamente ad artisti ancora poco noti [...] come Modigliani, Soutine... Senza parlare della sua collezione privata, in cui si potevano ammirare le tele più rappresentative di Matisse, Derain, Henri Rousseau, Picasso... Morto prematuramente, è passato come una meteora».
È così che il mercante Ambroise Vollard ricorda Paul Guillaume (1891-1934), giovane mercante che Guillaume Apollinaire ha istruito e consigliato. Il poeta, che nota già nel 1911 questo giovane patito di “arte primitiva”, lo introduce negli ambienti delle avanguardie artistiche e orienta le sue scelte quando egli apre la sua prima galleria nel 1914. Spronato da un contesto paradossalmente dinamico nel campo delle arti durante la Grande Guerra, Paul Guillaume dà brillantemente corpo ai gusti del poeta. I due grandi numi tutelari dell’arte moderna francese, Henri Matisse e Pablo Picasso, che espone nel 1918 in un faccia a faccia passato alla storia, costituiscono il nucleo di una scuola parigina moderna.
Da essa si diramano due tendenze. Da un lato, figure isolate come Maurice Utrillo, Amedeo Modigliani o Chaïm Soutine, definiscono l’idea di un “primitivismo moderno” quale è rappresentato da Henri Rousseau e dalle arti africane e oceaniche. Dall’altro, le opere di André Derain, Marie Laurencin o ancora Picasso e Matisse degli anni ’20 introducono un rinnovamento dell’arte figurativa. Esse dialogano con l’opera più tarda, riscoperta, dei Maestri impressionisti: Paul Cézanne, Claude Monet e Pierre-Auguste Renoir.
La collezione del Museo dell’Orangerie rispecchia così un preciso momento dell’arte moderna a Parigi. Quello della rivista Les Arts à Paris, fondata da Paul Guillaume nel 1918, e delle “rappresentazioni moderniste” che si svolgono nella sua galleria, con i recital dei compositori Éric Satie, George Auric o Claude Debussy, le letture di Blaise Cendrars, di Apollinaire o ancora le presentazioni dei quadri metafisici di De Chirico.
Fino alla sua morte nel 1934, Paul Guillaume continuerà a invocare il nume tutelare di Apollinaire, scomparso prematuramente, per il suo progetto di collezione nonché primo museo di arte moderna:«La sua passione lungimirante, il suo spirito di crociata, che si esprimevano sotto forma di bellezza lirica e sapevano associare una scienza profonda e un fascino pieno di grazia, facevano di lui uno dei pilastri più brillanti dell’opera che era appena iniziata».
Chaïm Soutine (1893-1943)
Nato a Smilovitchi (Impero russo, attuale Bielorussia), Chaïm Soutine si trasferisce a Parigi nel 1913, dove fa amicizia con gli artisti che vivono a Montparnasse, rappresentanti della Scuola di Parigi, tra cui i pittori Marc Chagall e Amedeo Modigliani e gli scultori Jacques Lipchitz e Ossip Zadkine.
Dopo tre anni trascorsi nel sud della Francia, Soutine torna a Parigi nel 1922 e conosce Paul Guillaume. Da questo incontro Soutine guadagna una reputazione che presto attraverserà l’Atlantico; è infatti tramite Paul Guillaume che il collezionista americano Alfred Barnes, il quale intende creare a Philadelphia un museo privato aperto al pubblico, scopre l’opera del pittore e compra molti suoi dipinti. Il Museo dell’Orangerie, con le sue ventidue tele dell’artista, custodisce insieme alla Barnes Foundation la più importante collezione di opere di Soutine a livello mondiale.
Questo corpus è rappresentativo dell’opera dell’artista, che lavora sui suoi temi in serie. Nei ritratti come nelle nature morte e nei paesaggi, Soutine sottopone ogni motivo a violente distorsioni che donano un lirismo tormentato alla forza espressionista della pennellata. Tuttavia, sotto questa apparente irruenza formale, traspare nella composizione una solidità classica. Ossessionato dalla pittura antica, che studia al Louvre, Soutine vi fa riferimento in tutta la sua opera.
Marie Laurencin (1883-1956)
«È allegra, è brava, è spirituale e ha tanto talento. È me donna» afferma nel 1912 il poeta Guillaume Apollinaire a proposito di Marie Laurencin.
Tra le rare pittrici presenti negli ambienti dell’avanguardia artistica e letteraria parigina, Marie Laurencin, formatasi all’Académie Humbert di Parigi, è inizialmente influenzata dal simbolismo. Il mercante Clovis Sagos le offre una prima mostra nel 1907, che visita Pablo Picasso. Negli atelier del Bateau-Lavoir a Montmartre incontra André Derain, Robert Delaunay e Henri Rousseau Il suo stile singolare, caratterizzato da un grande sintetismo, suscita l’ammirazione dei pittori cubisti.
Intorno al 1912, tramite Apollinaire, con il quale ha una relazione, conosce Paul Guillaume che negli anni ’20 diventa il suo mercante. Nel periodo tra le due guerre, la sua pittura cambia. Laurencin rappresenta quasi esclusivamente donne, declinando nei suoi quadri una certa immagine della femminilità mediante una tavolozza dai toni pastello. I suoi dipinti riscuotono molto successo e fanno di lei una ritrattista mondana di rilievo. Il suo stile evanescente e onirico si presta particolarmente all’arte scenica e, in un intento modernista di abbattere le barriere tra le arti, ella lavora alla progettazione di scenografie e costumi, soprattutto per le produzioni dei Ballets russes allora sotto la direzione di Serge Diaghilev.
Henri Matisse (1869-1954)
«Se si dovesse paragonare l’opera di Matisse a qualcosa, bisognerebbe scegliere l’arancia. Come l’arancia, l’opera di Henri Matisse è un frutto dalla luce splendente(1)». Nel 1918 Paul Guillaume organizza nella propria galleria la mostra Matisse-Picasso, un confronto tra i due campioni dell’arte moderna che costituisce una pietra miliare nella storia dell’arte. Volendo costituire una collezione di riferimento dell’arte moderna, Paul Guillaume acquista diverse opere fondamentali, molto radicali, come Le bagnanti al fiume – oggi all’Art Institute di Chicago – o Le tre sorelle, più numerosi quadri realizzati da Matisse negli anni ’20.
Stabilitosi a Nizza dal 1917, Matisse interiorizza la lezione di Pierre-Auguste Renoir al quale rende visita: «Ho lavorato come impressionista, osserva nel 1919, direttamente dal vero, e in seguito ho cercato la concentrazione e un’espressione più intensa sia nelle linee che nel colore». Questo periodo nizzardo, durato quasi dieci anni, rappresenta per l’artista una tappa importante della sua creazione, durante la quale trasforma il suo appartamento di place Charles-Félix in un vero e proprio atelier. Matisse declina in una lunga serie di dipinti il motivo di una modella nell’intimità di uno scenario orientale. Rinnovando il tema dell’odalisca, cerca di confrontare il volume di un corpo con gli elementi di uno scenario. In questo periodo dipinge anche molte tele raffiguranti una modella nell’intimità di una stanza, con la finestra aperta sul cielo del Mediterraneo.
(1) Guillaume Apollinaire, prefazione alla mostra Matisse-Picasso, 1918, galleria Paul Guillaume.
André Derain (1880-1954)
«L’arte di Derain è ormai permeata da quella grandiosità espressiva che si potrebbe definire antica. Gli proviene dai maestri e anche dalle antiche scuole francesi […], ma l’arcaismo di commissione è bandito dalla sua opera». Guillaume Apollinaire sottolinea nella prefazione al catalogo della prima mostra che Paul Guillaume dedica al pittore nel 1916, il nuovo posto occupato da quest’ultimo nel periodo tra le due guerre.
Sono anni in cui Derain cambia profondamente il suo modo di dipingere. Prende infatti le distanze dal radicalismo dei Fauves, di cui era stato uno dei promotori nel 1905 insieme a Maurice de Vlaminck, Albert Marquet e Henri Matisse. Ammansisce la sua tavolozza e si volge verso gli antichi maestri. A tal proposito, la storiografia ha a lungo parlato di un “ritorno all’ordine” artistico, fenomeno presente nell’opera di numerosi pittori dell’epoca, in seguito allo shock della Prima guerra mondiale. Tuttavia, per Derain, sarebbe più corretto parlare di un ritorno al classicismo. Non c’è nulla di reazionario in lui: Derain osserva attentamente le opere di Camille Corot, Gustave Courbet o ancora Pierre-Auguste Renoir. La sua arte tende verso una pittura colta e raffinata, che dialoga con il passato.
Con ventotto opere conservate al Museo dell’Orangerie, Derain è l’artista meglio rappresentato della collezione. Sono tutte appartenute a Paul Guillaume o quanto meno passate dalla sua galleria; l’artista e il mercante avevano concluso nel 1923 un contratto di esclusiva che cesserà solo alla morte improvvisa del mercante nel 1934. Profondamente scosso dalla scomparsa di Paul Guillaume, Derain si ritira nella sua tenuta di Chambourcy e si allontana dalla scena artistica parigina.
Maurice Utrillo (1883-1955)
«Utrillo va preso» scrive Apollinaire a Paul Guillaume nel settembre 1915. Il mercante, che conosceva i suoi dipinti dal 1910 grazie al poeta Max Jacob, segue sin da subito i consigli del suo amico e mentore e lo rappresenta nella propria galleria.
Nato a Parigi, Maurice Utrillo è figlio della pittrice e modella Suzanne Valadon e del pittore catalano Miguel Utrillo, che lo riconosce qualche anno più tardi. Il suo quartiere natale di Montmartre, dove abiterà per buona parte della sua vita, gli fornisce il soggetto di centinaia di quadri. Servendosi spesso di cartoline, rappresenta in più occasioni la chiesa di Clignancourt o la rue Mont-Cenis, di cui ravviva le austere architetture con delle piccole sagome. L’apice della sua carriera, tra il 1910 e il 1914, conosciuto come il “periodo bianco”, è caratterizzato da impasti bianchi applicati con la spatola e mescolati a volte con il gesso allora prodotto sulla collina di Montmartre, a cui unisce delle delicate sfumature di pittura grigia.
Nel 1922 Paul Guillaume gli dedica una mostra monografica composta da trentacinque dipinti. Questo evento segna l’inizio del successo per l’artista, che nel frattempo si volge verso una pittura più colorata. Il Museo dell’Orangerie conserva una delle serie di dipinti di Utrillo più belle d’Europa.
Le arti extra-occidentali
Insieme, Guillaume Apollinaire e Paul Guillaume contribuirono a promuovere gli oggetti di arte africana e farne riconoscere il valore estetico. Considerati in modo diverso a seconda dei contesti storici, questi oggetti rari ed “esotici” sono stati conservati nelle camere delle meraviglie sin dal Rinascimento. Con lo sviluppo dell’etnologia nel XIX secolo, diventano i testimoni materiali di culture che si cerca di comprendere e analizzare. Guillaume Apollinaire e Paul Guillaume, avanguardisti, li considerano opere d’arte a pieno titolo. Gli artisti della loro cerchia, Henri Matisse, André Derain e Pablo Picasso, li collezionano e ne traggono ispirazione. Apollinaire si batte affinché entrino nelle collezioni del Museo del Louvre.
Già nel 1910, mentre lavora in un’autofficina, Paul Guillaume mette in vetrina delle sculture del Gabon e attira l'attenzione del poeta, il quale gli presenta l'antiquario Joseph Brummer e Picasso. Divenuto mercante d’arte, Guillaume innova presentando sculture africane accanto a dipinti moderni all’interno stesso della sua galleria.
Nel 1917 pubblica con Apollinare un Album di sculture negre. In questa opera, come pure negli articoli che scrive per diverse riviste, il gallerista promuove l’arte africana che va collezionando. Nello stesso anno, Guillaume presta alcune opere alla prima mostra dadaista, alla galleria Corray di Zurigo. La sua attività di mercante lo porta a svolgere il ruolo di consulente e acquirente per collezionisti e galleristi americani come Alfred Stieglitz, che nel dicembre 1914 organizza nella propria galleria 291 a New York la prima mostra di arte africana intitolata “African Savage Art”. Guillaume fornisce opere anche al collezionista americano Albert C. Barnes per l’omonima fondazione. È inoltre l’organizzatore della prima mostra dedicata esclusivamente all’“arte negra e all’arte oceanica’’ alla galleria Devambez, nonché della grande “Festa negra’’ del 1919, che ebbe una risonanza internazionale e lanciò la moda della cultura africana caratteristica degli anni ’20.
Sebbene Paul Guillaume non sia l’unico a interessarsi alle arti extra-occidentali, il suo contributo alla loro diffusione è innegabile e spiana la strada a un radicale cambio di paradigma nella loro percezione.
Le arti africane sono state a lungo viste attraverso il prisma dell'etnocentrismo. Le espressioni “arte Negra’’ o “arte dei Neri’’ fanno parte di una terminologia in vigore all'inizio del XX secolo, utilizzata in particolare da Apollinaire e Paul Guillaume. Le denominazioni (arti primitive, arti primarie, arti extra-europee…) si sono evolute lungo tutto il XX secolo; oggi, per le nostre collezioni, si parla di “arti africane” o “arti extra-occidentali”.
Henri Rousseau detto Il doganiere (1844-1910)
Incompreso per gran parte della sua vita, Henri Rousseau, detto Il doganiere, viene finalmente celebrato dalle avanguardie come uno dei padri della pittura moderna.
Impiegato all’ufficio comunale del dazio di Parigi, da cui il soprannome di “doganiere”, Henri Rousseau è un pittore autodidatta. Trae i suoi soggetti dai libri, dai giornali, dalle cartoline e li alimenta con una fertile immaginazione e un’assidua frequentazione del Museo del Louvre.
Il suo stile improntato alla semplicità viene allora definito “primitivista”. Influenzerà profondamente Pablo Picasso che all’epoca è impegnato nell’elaborazione del cubismo. Proprio Picasso organizza in onore di Rousseau un banchetto negli atelier del Bateau-Lavoir, nel novembre 1908, a cui partecipano Guillaume Apollinaire, Marie Laurencin, Georges Braque, Max Jacob, André Salmon, Gertrude e Léo Stein…
Paul Guillaume scopre i dipinti di Rousseau probabilmente grazie ad Apollinaire, che frequenta gli ambienti cubisti. Il mercante acquista così una cinquantina di quadri dell’artista, tra cui alcuni capolavori come Le nozze (1905 circa) e Il calesse di papà Junier (1908).
Due grandi dipinti – prestati in via eccezionale dal Museo d’Orsay – completano la serie del Museo dell’Orangerie.
Con La guerra, Rousseau riesce a tradurre il dramma in immagini attraverso una potente allegoria accolta al Salon des Indépendants del 1894 con sarcasmo o con grande entusiasmo che elogia la sua libertà di stile. Nel libretto del Salon, Rousseau scrive questa didascalia per il suo quadro: «passa spaventosa, lasciando ovunque disperazione, pianti e rovina».
Il monumentale Ritratto di Madame M. rivaleggia con i ritratti mondani del Salon. La figura si staglia su un paesaggio raffinato e il suo abbigliamento, molto di moda intorno al 1895, permette di datare il quadro. Una certa stranezza, caratteristica dell’opera del pittore, emerge dalla diversa lavorazione del cielo, del paesaggio e dei lineamenti della modella.