Exposition au musée

Dans le flou, un’altra visione dell’arte dal 1945 a oggi

Fino al 18 Agosto 2025
Hans Hartung (1904-1989)
T1982-H31, 1982
Antibes, Fondation Hartung-Bergman
© Collection : Fondation Hartung-Bergman © Hans Hartung / Adagp, Paris 2025

Introduzione

“In realtà, non si vede niente. Niente di preciso. Niente di definitivo. Bisogna continuamente aggiustare la propria visione”. (Grégoire Bouillier, Le Syndrome de l’Orangerie, 2024).

È la prima cosa che constatiamo tutti quando contempliamo il grande ciclo delle Ninfee di Claude Monet. La mostra si propone di esplorare questa dimensione dell'opera tarda del pittore come chiave di lettura di un'intera sezione dell'arte moderna e contemporanea.
È infatti sulle rovine del secondo dopoguerra che si radica e si sviluppa un'estetica della sfocatura. Il principio del discernimento, che aveva a lungo prevalso nell'arte, appare allora profondamente inoperante. Di fronte all'erosione delle certezze del visibile e al campo delle possibilità che si apre loro, gli artisti propongono nuovi approcci e fanno della transitorietà, del disordine, del movimento, dell'incompiuto, del dubbio il loro soggetto... Riconoscendo il profondo sconvolgimento dell'ordine del mondo, optano per l'indeterminato, l'indistinto e l'allusivo. Le loro opere si liberano dall'ingiunzione della nitidezza e lasciano più spazio all'interpretazione dello spettatore.Intrinsecamente sfuggente, la sfocatura ci invita a fare un passo di lato, a smettere di cercare costantemente la precisione e a esplorare la realtà sotto nuove forme. Essa diventa allora il modo preferito dagli artisti per esprimere un mondo in cui la visibilità si offusca e l'instabilità regna, oggi più che mai.

Prologo

L'estetica della sfocatura esisteva ben prima del periodo moderno.
È lontanamente imparentata con lo sfumato del Rinascimento che, sovrapponendo sottili strati di pittura trasparente, dà al soggetto dei contorni imprecisi. Il termine francese usato per designare la sfocatura, flou, deriva dal latino flavus ma compare solo nel 1676 negli scritti dello storico Félibien per esprimere la morbidezza di un dipinto. Questa nozione va ad attenuare il principio di una rappresentazione basata sulla chiarezza della linea. Alla fine del XIX secolo, l'Impressionismo segna una vera e propria svolta, proseguendo sulla strada tracciata dai dipinti di William Turner con le loro composizioni sfocate. La sfocatura culmina allora nella dissoluzione della figura.
Allo stesso tempo, il nascente mezzo fotografico, un processo essenzialmente meccanico, afferma la soggettività del suo autore proprio grazie alla sfocatura. Questa affermazione della visione dell'artista trova eco nelle creazioni simboliste degli artisti dell’epoca. Esplorando il proprio io interiore, costoro usano la sfocatura per rivelare ciò che la visione nitida di solito nasconde alla nostra coscienza.
Le opere qui presentate evocano le diverse sfaccettature di questo momento fondativo. L'arte contemporanea vi trova già posto, in dialogo con gli specchi liquidi dello stagno delle Ninfee di Monet.

Alle frontiere del visibile

La mente umana cerca costantemente di dissipare ciò che è vago, sfocato. Sintomo del nostro disagio di fronte a una realtà incerta, i nostri “cos'è...?” hanno sostituito i “perché?” della nostra infanzia. Tuttavia, questa preoccupazione di mettere ordine nel mondo si scontra con il rischio di irrigidirne il significato. La vaghezza, d'altra parte, si nutre della nostra esperienza, che si svolge nella durata, nello spessore del mondo.
Giocando con i suoi effetti, gli artisti interrogano le nostre modalità di percezione, suggerendo di risalire alla fonte del nostro sguardo, e così facendo ci incoraggiano a uscire da una lettura univoca della realtà.
Mettono in discussione i confini del visibile, utilizzando il vocabolario dell'immaginario scientifico, dalla visione dell'infrasottile all'immensità del cosmo (Gerhard Richter, Sigmar Polke e Thomas Ruff). Scuotono i tradizionali punti di riferimento della rappresentazione, giocando sull'indistinto piuttosto che sull'opposizione tra figurazione e astrazione (Mark Rothko, Hiroshi Sugimoto, Hans Hartung). Mettono alla prova lo spettatore stimolando maliziosamente la sua acutezza visiva, riprendendo la circolarità della retina nelle loro opere a forma di bersagli (Wojciech Fangor, Ugo Rondinone, Vincent Dulom).

L'erosione delle certezze

È all'indomani della Seconda guerra mondiale che l’estetica della sfocatura va assumendo una dimensione prettamente politica. Di fronte all'erosione delle certezze, gli artisti, da Zoran Mušič a Gerhard Richter, prendono atto di un profondo sconvolgimento dell'ordine mondiale e si affidano alla sfocatura come strategia necessaria.
Dopo la scoperta dei campi di concentramento, di fronte all'impossibilità di rappresentare l'irrappresentabile, la sfocatura permette di velare una realtà che l'occhio non può sostenere. Allo stesso tempo, ci costringe a mettere a fuoco, a soffermarci sull'immagine, a guardare in faccia quella realtà. Mettendo in discussione lo statuto e il valore dell'immagine, gli artisti offrono una visione al tempo stesso poetica e disincantata delle tragedie che hanno segnato la storia del XX secolo, fino alle crisi più attuali.
In questo modo, la sfocatura si rivela essere, da un lato, una forza accecante, parte della meccanica dell'oblio, dall’altro, un mezzo per testimoniare, nonostante tutto, le atrocità della Storia diffuse dall'immagine mediatica.

Elogio dell’indistinto

Il mondo è sfocato, per quanto ci sforziamo di definirne i contorni. Le sue distese e le sue durate si allungano continuamente, rendendo impossibile una messa a fuoco definitiva, come i miraggi catturati da Bill Viola, che suggeriscono in che misura sia possibile ingannare i nostri sensi. Anche l'identità è sfocata, in continuo mutamento, rivelando tutte o alcune delle sue sfaccettature agli altri e a noi stessi (Oscar Muñoz, Hervé Guibert, Bertrand Lavier). Tra memoria incerta del passato (Eva Nielsen) e rifiuto di una rappresentazione intrappolata nel presente (Mame-Diarra Niang), la sfocatura diventa una ricerca di identità.
Frutto di una forma di ingenuità tecnica, ma anche garanzia di spontaneità del momento catturato, la sfocatura della fotografia amatoriale coglie la vita là dove è più reale. Permette di catturare i luoghi più intimi, i più difficili da raccontare e, così facendo, di mostrare ciò che spesso sfugge all'occhio.
Talvolta, gli effetti deformanti di questa estetica rivelano in fondo il lato animale dell'uomo (Francis Bacon, Pipilotti Rist).

Futuri incerti

Il rapporto con la spiritualità, affrontato dal punto di vista dei luoghi o dei gesti sacri catturati da Hiroshi Sugimoto e Y.Z. Kami, riecheggia come una possibile risposta alle incertezze contemporanee. Immortalato durante il lockdown del 2020, il bouquet di Nan Goldin sottolinea la bellezza e la caducità di una quotidianità tormentata in un mondo che sta perdendo i suoi punti di riferimento.
La questione del tempo, sia esso dato dall'orologio falsamente digitale di Maarten Baas o dall'imprevedibile futuro predetto da Mircea Cantor, è esposta come oggetto di contemplazione e interrogazione esistenziale. Paradossalmente, la sfocatura diventa nello stesso tempo sintomo e condizione di un reincanto, segno di un’inquietudine e spazio per reinventare il possibile.